A chiusura del 50° anniversario dell’anno che cambiò la storia, l’analisi di Maura Franchi e Augusto Schianchi nel libro “C’era una volta il 68 prima e dopo”.

Chi lo avrebbe detto che il cinquantesimo anniversario del ’68 sarebbe stato esso stesso un anno da ricordare, un momento di cambiamenti (specie dal punto di vista politico) di enorme portata?
Chi avrebbe immaginato che a distanza di cinquant’anni avremmo fatto di nuovo i conti con quell’anno spartiacque? 

A costruire una formidabile sintesi di quella che è l’eredità irrisolta del ’68, proprio sul finire di questo 2018 ci pensa un prezioso volume della sociologa Maura Franchi e dell’economista Augusto Schianchi intitolato significativamente “C’era una volta il ’68. Prima e dopo” in una sorta di espressione ossimorica che vuole ricordare come quel passato non sia così passato come si vorrebbe pensare.
Il ‘68 è stato spesso liquidato dagli storici come una serie di gesti esplosivi e utopici di breve durata. In realtà le trasformazioni che in quegli anni si sono manifestate hanno continuato a dipanarsi nei decenni successivi, sino ai giorni nostri.
I fattori che compongono la miscela che del ’68 sono l’istruzione e la speranza: una speranza che si scontra con un sistema istituzionale e politico che non riesce a raccogliere le domande di cambiamento.

Il lascito culturale più profondo del ‘68 è un approccio critico al principio di autorità. Uno dei punti più significativi dell’eredità del ‘68 riguarda una visione più orizzontale della società.
Uno degli slogan del ’68 era “La rivoluzione parte da me”; è stata questa la base di una rivoluzione personale che ha attraversato una generazione.
Il 68 è stato un evento simbolico: ha rappresentato una rottura dei vecchi equilibri. Il 68 è stata un’esplosione sul piano delle idee e del costume, ha espresso una domanda di libertà, ha indicato che i bisogni sociali incarnano anche una domanda di riconoscimento identitario che non può essere ignorata. 

Il ’68 ha dato senza dubbio linfa alla democrazia, ma nello stesso tempo ha messo in crisi le vecchie istituzioni e la politica e da quel momento il rapporto tra istituzioni, partiti e società non si è più ricomposto in un equilibrio nuovo. L’impresa di costruire il modo di governare i cambiamenti è così ancora aperta. 

Quello che resta certamente sono le conquiste civili: i diritti di libertà, mentre resta aperta la domanda su come costruire una società più giusta nella libertà e come far funzionare la democrazia e le istituzioni in una società di massa. Domanda che ha trovato sfogo nel proliferare tumultuoso dei populismi.

Maura Franchi, insegna Sociologia dei Consumi e della Comunicazione all’Università di Parma. Studia le traformazioni sociali e in particolare, i mutamenti indotti dalle tecnologie della comunicazione nello spazio pubblico e nella vita quotidiana.

Augusto Schianchi, M. Phil. Oxford, Ordinario di Economia Politica all’Università di Parma. Studia le strategie della scelta applicate ai comporamenti economici e all’impresa.

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