Disegnare il sacro. Per un rinnovato rapporto tra Chiesa e arte

È in libreria il libro di Marco Sammicheli “Disegnare il sacro”, Rubbettino. Un libro che indaga il rapporto tra Chiesa cattolica, nuovi linguaggi e arti visive

Qual è il significato del design per le comunità ecclesiali di oggi? Perché la cultura visiva contemporanea fa fatica ad essere accolta pienamente nella pratica edilizia e decorativa della Chiesa contemporanea? Sono queste le principali domande alle quali “Disegnare il sacro” di Marco Sammicheli, in libreria in questi giorni per Rubbettino, offre alcune originali e interessanti risposte.

Il libro, che è esso stesso un piccolo prezioso oggetto di design progettato dallo studio Undesign e impreziosito dalle illustrazioni di Elisa Macellari, comincia con il prendere in considerazioni i casi di “successo”, i progetti che hanno prodotto sia dalla parte della committenza che da quella dei progettisti e degli artisti che vi hanno preso parte una felice sintesi rappresentando una risposta valida alle esigenze cultuali e culturali di comunità specifiche nel solco dell’aggiornamento liturgico voluto dal Vaticano II.

In Italia i centri di maggiore sperimentazione in tal senso sono stati soprattutto le diocesi di Milano e Bologna, e poi Torino. In questi contesti privilegiati l’impegno a ridisegnare lo spazio per un nuovo spirito liturgico si è coscientemente sposato con il cammino dei nuovi linguaggi architettonici e artistici, con l’esigenza di dare alle nuove periferie urbane in rapida formazione elementi di ordine costruttivo e sociale e, solo in un secondo momento, con il ragionamento sull’atmosfera e l’accoglienza degli interni delle nuove chiese. Il laboratorio, attivo tra gli anni Cinquanta e Settanta del secolo scorso, dopodiché molto più debole, ha generato alcuni risultati esemplari che a distanza di tempo s’impongono ancora come un interessante riferimento.

Se allarghiamo il focus d’indagine all’intero paese e lo spingiamo fino agli anni Ottanta, ci accorgiamo però che una certa frenesia iniziata col grande sviluppo degli anni del boom economico ha prodotto moltissime applicazioni scadenti che di fatto hanno compromesso la media qualità degli edifici per il culto cattolico, nonché la generale percezione negativa da parte del pubblico di credenti e non credenti.

Non solo ma in tempi recenti si è spesso assistito  a un’architettura sacra la cui identità si è spostata verso la creatività personalizzata dell’architetto, in cui spesso è prevalso un atteggiamento in cui non importava quello che si costruiva e perché, bensì contava il segno individuale di cui era ed è originale portatore.

Il risultato è stato quello di uno sfasamento tra cultura visiva contemporanea (sia essa architettura, arte o design) e le esigenze di culto e di trasmissione di significato delle comunità ecclesiali che ha portato talvolta al rifiuto di soluzioni di nuove costruzioni o di adattamento dell’esistente secondo i canoni della riforma liturgica in favore di un ritorno a quell’epoca barocca fatta di ori e velluti che tanto peso ha avuto nella cultura visiva della Chiesa post-tridentina.

Il saggio di Sammicheli vuole dunque dimostrare anche attraverso la narrazione delle vicende di alcune chiese realizzate nella seconda metà del Novecento e attraverso alcune opere architettoniche e di design più recenti che un linguaggio comune non solo è possibile ma può rappresentare per la Chiesa contemporanea un’occasione per parlare all’uomo di oggi con il suo linguaggi, i suoi ritmi, la sua mutata ma non diminuita sete di spiritualità e rappresentare ancora oggi un segno tangibile all’interno della città.

L’autore
Marco Sammicheli Marchigiano di nascita, toscano d’origine, milanese d’adozione.
Ha studiato comunicazione a Siena, si è perfezionato in storia del design a Weimar e ha ripassato la lezione con un dottorato tra Milano, Porto Alegre e Santiago del Cile. Il design  e l’architettura sono le sue passioni. È design curator per la rivista Abitare e professore al Politecnico di Milano.