La storia dell’amicizia affettuosa tra i due scienziati nel nuovo libro di Carola Vai “Rita Levi-Montalcini. Una donna libera” (Rubbettino, pp. 330, euro 18,00)

IN LIBRERIA DAL 23 MAGGIO
È LA PRIMA BIOGRAFIA COMPLETA DELLA SCIENZIATA

Molte caratteristiche animano il libro “Rita Levi-Montalcini, una donna libera” (Rubbettino editore), firmato Carola Vai.  Tra queste spicca il sentimento di amicizia tanto forte da sconfinare nell’amore che ha accompagnato l’intera vita della scienziata con il collega Renato Dulbecco. I due premi Nobel per la Medicina, fin dal loro primo incontro, nelle aule dell’università di Torino, sono stati attratti l’un verso l’altro finendo per vivere un affetto che nessuna avversità della vita, lontananza, legame con altre persone ha offuscato. Nel volume, la cronistoria di una donna estremamente indipendente, ma sempre attenta a non offendere le persone che la circondavano, molti capitoli sono dedicati al rapporto affettuoso tra i due amici, a cominciare dal primo viaggio in nave compiuto insieme verso l’America, ai molti incontri nelle rispettive abitazioni, nei rispettivi laboratori di ricerca, a congressi, convegni, feste. Rita che mai si è sposata, ha ammesso di “aver molto amato” senza mai rivelare i nomi di coloro che tale sentimento avevano suscitato in lei, eccetto i due fidanzati ufficiali di gioventù: prima Germano, poi Guido. 

Renato Dulbecco, invece, si è sposato due volte, ma nulla e nessuno ha mai appannato i suoi sentimenti verso Rita. I due scienziati hanno vissuto l’intera esistenza in una sorta di gara per dimostrare reciprocamente il meglio l’uno all’altro: nella scienza, nella cultura, nella musica, nell’oratoria in pubblico, persino nell’eleganza. In America come in Italia, a Saint Louis come a Torino, Rita e Renato hanno spesso fatto in modo di trovarsi fianco a fianco in conferenze, dibattiti, congressi. Un amore mai dichiarato, ma nemmeno nascosto. Rita alla presenza di altre donne, come la scienziata  Marguerite Vogt, assistente di Dulbecco, scrisse ai famigliari:: “la Vogt è una fanatica devota della scienza in generale, di Renato in particolare…. Renato, così superiore a lei per intelligenza ed equilibrio, accetta con rassegnazione la sua devozione e il suo zelo”. E benché non trapelassero indiscrezioni sulle giornate di Rita e Dulbecco a Pasadena, cittadina americana dove lui viveva e lavorava, lei ai famigliari scrisse: “Del lavoro non sono in grado di dire niente. Per il momento siamo in una fase quanto mai iniziale. Renato mi aiuta molto e spero con lui di superare le molte difficoltà tecniche che si prospettano”.   

In America, come ammesso da entrambi, i due ricercatori si scambiavano continue visite cercando di riservare il meglio ogni volta l’uno all’altro. Molte le descrizioni di Rita alla gemella Paola e alla mamma. In una lettera del 1955 dopo una sosta di Renato a Saint Louis , Rita scrisse:  “la sua visita è stata quanto mai gradita. Simpatico, tonico e in perfetta forma come sempre. Gli avevo organizzato una conferenza alla Medical School. Dietro richiesta del Chairman l’ho presentato io a un pubblico molto scelto e numeroso. Ha parlato con vivo successo dei suoi ultimi bellissimi lavori. A conferenza finita è venuto a cena da me con Victor e un piccolo gruppo di amici”. In moltissime altre lettere, Rita ha parlato di Renato. Mentre lo scienziato lo ha fatto anche pubblicamente, spesso persino con i giornalisti, come quando ha dichiarato: “Veder lavorare Rita sugli embrioni è davvero emozionante. Usa aghi sottilissimi e muove le mani con una precisione e una destrezza da artista”. 

Nel libro di Carola Vai si scopre che i due scienziati per l’intera vita si scambiarono sogni, speranze, idee, progetti.  Rita, nata il 22 aprile 1909 a Torino, aveva 5 anni in più di Renato nato  il 22 febbraio 1914 a Catanzaro. Una differenza anagrafica che al loro arrivo all’università , secondo Rita, contribuì alla loro amicizia perché entrambi a disagio avendo lei superato i 20 anni e lui appena 16 anni, risultando lei la più grande, lui il più giovane. Negli anni universitari si erano guardati, ammirati, stupiti. E si erano persi. Quando si sono ritrovati, dopo la guerra, tutto era diverso. Loro erano diversi. Avevano conquistato l’audacia, ma avevano impegnato la libertà personale.  Alla partenza verso gli Stati Uniti, Dulbecco era sposato. Presto la moglie, Pinuccia, lo avrebbe raggiunto oltreoceano.  Rita sostenne di lasciare la patria con una certezza: evitare il matrimonio per potersi dedicare completamente alla ricerca scientifica. Forse a indurla definitivamente alla decisione fu anche l’inconfessabile sentimento verso il brillante collega. Un caso molto chiacchierato il loro rapporto che nessuno dei due mai smentì anche se Rita, alla soglia dei novant’anni, in modo vezzoso ammise:  “Dulbecco innamorato di me? Si diceva, ma non credo”, ma poi aggiunse: “eravamo molto amici, e così siamo rimasti. Un rapporto di amicizia speciale, particolarmente intenso, che è durato tutto il tempo. E che continua anche oggi. Sono io che gli ho fatto iniziare gli studi in fisica”. 

Dopo la morte di Dulbecco avvenuta nella sua casa americana, il 20 febbraio 2012, Rita rilasciò ai giornalisti poche parole ufficiale di addio al caro amico.  La scomparsa dell’amatissima gemella, Paola, nel 2000, l’aveva molto addolorata, ma non distrutta. L’addio eterno di Renato Dulbecco invece è stato fatale.  E dieci mesi dopo, il 30 dicembre 2012, se ne è andata per sempre anche lei.

IL LIBRO

Chi era veramente Rita Levi-Montalcini? Una visionaria dotata di ferrea volontà per affrontare il presente sognando il futuro, oppure una tessitrice di rapporti che per sbarazzarsi dei condizionamenti ambientali era disposta a trascurare chiunque si frapponesse tra lei e suoi obiettivi? Per capirla occorreranno forse decenni. Rita nacque in un periodo senza telefoni, televisione, aerei, computer, sanità pubblica, voto alle donne, pensione. Morì quando tutto quanto citato era stato raggiunto. Ma lei in 103 anni di vita conquistò il Premio Nobel per la Medicina, divenne senatrice a vita, incontrò papi, presidenti degli Stati Uniti e della Repubblica Italiana, re, regine, capi di governo di mezzo mondo.
Una scienziata tenace, ma pure una donna, capace di tenerezze ripetute come raccontano molti episodi di questo libro.

Carola Vai giornalista professionista collabora con varie testate nazionali tra le quali «La Stampa», «Il Mattino» di Napoli, «Il Giornale» di Montanelli. All’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, diventa responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta con sede a Torino, intervista Presidenti della Repubblica, Capi di Governo, ministri, imprenditori italiani e stranieri; svolge inchieste legate a fatti regionali, nazionali e internazionali; viaggia per lavoro in Europa, Africa, Asia, America. Tra i suoi libri: Torino alluvione 2000. Per non dimenticare (Torino 2000); Evita, regina della comunicazione (Roma 2009); In politica se vuoi un amico comprati un cane. Gli animali dei potenti (Torino 2011).


Il libro verrà presentato in anteprima nazionale al prossimo Salone Internazionale del Libro di Torino

Domenica 12 maggio ore 11,30
Sala Argento – Spazio Piemonte

con

Sergio Scamuzzi
Vice-Rettore Università di Torino e
Dario Disegni
Presidente Comunità Ebraica di Torino

Modera

Claudia Tomatis