Il prestigioso premio della Fondazione Schiller “Terra Nova”– paragonabile per importanza agli italiani Campiello o Strega– verrà assegnato il prossimo 11 maggio al libro di Fabio Andina “La pozza del Felice” edito da Rubbettino.
La cerimonia si terrà presso la Casa della Letteratura per la Svizzera Italiana a Lugano alle 16,30.
Insieme ad Andina, verrano premiati altri tre scrittori svizzeri autori di altrettanti romanzi.

La notizia è stata accolta con grande entusiasmo dall’autore e dell’Editore, Florindo Rubbettino, che ha commentato: «L’assegnazione del prestigioso Premio Terra Nova della Fondazione Schiller al romanzo di Andina è per noi un ulteriore riconoscimento del lavoro di scouting, editing e selezione che stiamo perseguendo nel campo della narrativa e con il quale abbiamo deciso di aprire a un genere che si affianca a quello della saggistica, terreno che abbiamo battuto finora quasi esclusivamente. In questi ultimi anni abbiamo visto due romanzi diventare grandi film, “Anime Nere”, di Gioacchino Criaco, e “Via dall’Aspromonte”, di Pietro Criaco. Siamo stati gli scopritori degli autori best-seller Giuseppina Torregrossa e Stefano Marelli, altro autore elvetico e abbiamo registrato un crescente interesse da parte del pubblico e della critica. Questo premio assume dunque per noi un significato speciale: è l’ulteriore conferma che puntare sulla qualità letteraria di un libro, senza inseguire pedissequamente le “indicazioni” che vengono fuori dalle classifiche, ripaga sempre»

“La pozza del Felice” di Andina è un romanzo di montagna e di montanari, di vette e di silenzi, di solidarietà e solitudini.
Il Felice è un personaggio realmente esistito, conosciuto dall’autore che, di ritorno dall’America dove era stato per apprendere i mestieri della scrittura cinematografica, aveva deciso di rifugiarsi in una casa di montagna di proprietà della famiglia.
«Durante quei tre anni – racconta Andina – io e il Felice trascorrevamo molto tempo assieme: si cenava assieme, si camminava assieme, si andava al bar assieme, si chiacchierava poco. Il Felice non apriva la bocca tanto per dire qualcosa.
Andavamo d’accordo perché eravamo molto simili: taciturni, grandi camminatori, amanti di una vita minimalista, fatta di poche cose, pochi oggetti, e amanti di riti e rituali vecchi che stanno andando scomparendo».
Anche la “pozza del Felice” esiste davvero. Ma cos’è questa pozza, e perché il Felice aveva l’abitudine di immergervisi? «Dalla morte del Felice – continua Andina – tutte le volte che salgo in baita vado a immergermi nella pozza. Dista 45 minuti a piedi dalla mia baita. Lo faccio per sentirmi vicino al Felice, perché lo stargli vicino per quei tre anni mi ha cambiato la vita: ora, sono sempre più alla ricerca dell’essenziale. Mi sto liberando di tutte quelle zavorre inutili che la vita ci attacca al piede».
Da questa vicenda che mette insieme il legame con i luoghi, con la terra, e con la propria anima, da questa storia che sa di elementi primordiali che riprendono prepotentemente vita all’interno della propria esistenza viene fuori un romanzo delicato, essenziale in cui ognuno può ritrovare un pezzo di sé che credeva irrimediabilmente perduto.

Fabio Andina (Lugano, 1972) si è laureato in cinema a San Francisco. Ha pubblicato la raccolta di poesie “Ballate dal buio” (2005) ed è stato inserito nell’antologia “Di soglia in soglia. Venti nuovi poeti della Svizzera italiana (2008). Nel 2016 ha pubblicato il romanzo “Uscirne fuori” e ha ricevuto una menzione al Premio Chiara Inediti per la raccolta di racconti “Il paese senza nome” che gli è valsa l’inserimento nell’antologia “Dieci racconti per Piero Chiara”