In libreria per Rubbettino il nuovo libro di Luca Diotallevi «Il paradosso di Papa Francesco. La secolarizzazione tra boom religioso e crisi del cristianesimo»

Perché il Papa ha successo è la chiesa no? Luca Diotallevi, nel libro che esce oggi in libreria per Rubbettino, intitolato “Il paradosso di Papa Francesco. La secolarizzazione tra boom religioso e crisi del cristianesimo”, affronta questo interrogativo da un punto di vista diverso da quello usuale. Il testo non segue infatti i fronti opposti della polemica tra i detrattori e i fan di Francesco, ma il cammino più complesso della analisi, sociologica in questo caso.

Ciò richiede innanzitutto di porre in discussione la “teoria classica della secolarizzazione”. È seguendo questa teoria, infatti, che un divergere di destini del papa e della “sua” Chiesa risulta incomprensibile. Se la società, il cristianesimo e la religione non sono più quelli degli anni ’50 del Novecento e di Pio XII, come possono essere compresi dalla teoria della secolarizzazione che andava di moda allora? Prima di tutto, bisogna chiedersi cosa sono diventati la società contemporanea, la religione contemporanea, la Chiesa contemporanea, il papato ed il cattolicesimo di oggi? Perché quello che sembrava impossibile pochi decenni fa è invece divenuto reale?

Aggiornata la teoria, molte cose cominciano ad essere più chiare. Ad esempio, diventa comprensibile perché in una società più secolarizzata – come è quella dei primi due decenni del XXI secolo – circola più religione e non meno, o perché la laicità non se la passa meglio di come se la passano le vecchie confessioni religiose. Tutto questo e tanto altro si verifica perché la società è oggi una “cosa” diversa da quella che aveva funzionato fino ai “lunghi anni ’60” del Novecento e che ci si era illusi funzionasse anche nei decenni successivi. Anche la religione è diventata una “cosa” diversa, e – ancora più importante – cristianesimo e religione hanno preso strade parzialmente diverse.
Il Vaticano II ed il pontificato di Paolo VI, avvenuti in una Chiesa per tanti versi in ritardo sulla modernità, appesantita da una opposizione che la metteva anche in contraddizione con se stessa, erano stati capaci di recuperare il ritardo e di essere profezia sulle contraddizioni della modernità, ma anche sulla modernità come grande opportunità e “tempo favorevole” per il cristianesimo e la Chiesa.

L’aggiornamento indicato dal Concilio ed intrapreso da Paolo VI erano stati profezie di un rinnovamento fatto del coraggio di mettere nel conto tanti costi per il vecchio apparato ecclesiastico e la vecchia autocoscienza storica del cristianesimo, ma quell’aggiornamento era anche la “via stretta” attraverso la quale la fede e la Chiesa erano chiamate a passare per mantenersi fedeli. Spaventati dai costi e magari anche illusi da alcune circostanze favorevoli, tanta parte della Chiesa e dei cristiani nei decenni successivi a Paolo VI avevano tentato scorciatoie, avevano creduto possibile ottenere ad un prezzo più favorevole i vantaggi dell’aggiornamento. La rinuncia di Benedetto XVI, vero fatto epocale del dopo Concilio e del dopo Montini, ha fatto piazza pulita di tali illusioni o furbizie.

Se qualcuno aveva voluto richiudere le finestre che Giovanni XXIII aveva chiesto di spalancare, e che Paolo VI aveva effettivamente spalancato, Benedetto XVI ha compreso che andavano sfondate, dall’interno verso l’esterno. Una vera “breccia di Porta Pia” al contrario rispetto a quella dei bersaglieri.

Papa Bergoglio si trova oggi ad affrontare le praterie aperte dalla rinuncia di Benedetto. Il tempo passato da Papa Montini e dal suo riformismo abbandonato pongono però Francesco in una società diversa, in cui sono possibili cose sino a ieri impossibili, in una modernizzazione accelerata e radicalizzata e con una Chiesa indebolita.
Avranno i cristiani e la Chiesa la forza per affrontare con meno forze un compito divenuto più difficile?
Cederanno per calcolo “pastorale”, e clericale, ai residui miseri vantaggi che può ancora assicurare una banalizzazione religiosa del Cristianesimo, una “pentecostalizzazione” dell’intero Cattolicesimo? Il futuro è forse da ricercarsi nella riduzione del cattolicesimo a “religione a bassa intensità”? O si possono e si devono raccogliere le forze e tentare la via ardua aperta dal Vaticano II ed intrapresa da Paolo VI?

Oggi, per il cristianesimo e la Chiesa alcune possibilità si sono chiuse e molte altre si sono aperte. In questo spazio di cambiamento il paradosso di Francesco diventa meno enigmatico e meno enigmatiche le alternative.

Luca Diotallevi è professore ordinario in Sociologia presso l’Università di Roma TRE. Ha trascorso periodi di studio presso le università di Bielefeld, Oxford, Harvard e Cambridge. È stato senior fellow presso il Center for the Study of World Religions della Harvard Divinity School.

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