La colonna di camion fu il risultato di una soluzione escogitata dalla direttrice dei servizi cimiteriali comunali che consentì di rispettare la volontà di cremazione dei defunti e dei loro parenti.

In un libro di Michele Bertola, direttore generale del Comune di Bergamo, dal titolo “Persone fuori dal comune” (Rubbettino) si spiega di come si arrivò a quella decisione

I camion carichi di bare che lasciano Bergamo il 18 Marzo 2020. Una immagine simbolo della pandemia che difficilmente dimenticheremo. Una data che non a caso è stata scelta come quella per ricordare le vittime di Covid.
Se dietro l’immagine della fila di camion che usciva dalla città abbiamo letto il fallimento del sistema sanitario nazionale, c’è in realtà una storia di buona amministrazione che necessita di essere raccontata. 
Lo ha fatto Michele Bertola, direttore generale del Comune di Bergamo, in “Persone fuori dal comune”, un libro appena lanciato in libreria da Rubbettino che raccoglie alcune storie di impiegati pubblici che, contrariamente alla vulgata che li vorrebbe membri di una casta di fannulloni e privilegiati, hanno dedicato i loro sforzi a cambiare la pubblica amministrazione. Riuscendoci.Tra questi c’è Rossana, la direttrice dei dei servizi cimiteriali del Comune. Una donna consapevole della delicatezza del proprio compito che, in quelle ore drammatiche riuscì a trovare una soluzione capace di soddisfare l’ultimo desiderio dei morenti o dei loro familiari, evitando di aggiungere dolore a dolore, problemi a problemi.
Ecco come l’autore ci racconta quelle ore drammatiche.
«Negli ultimi anni erano diventati sempre più numerosi i cittadini che chiedevano la cremazione dei propri cari defunti invece che l’inumazione. Con questo numero di morti, le conseguenti richieste di cremazione erano diventate moltissime ed era impossibile gestirle tempestivamente, come volevano la prassi e soprattutto le norme igienico-sanitarie. 
Rossana doveva trovare delle soluzioni e agire velocemente. Il problema più immediato era recuperare degli spazi dove stipare le bare in attesa di cremazione che arrivavano dagli ospedali, dalle case di riposo e dalle abitazioni private (…) 
Analizzò la situazione e l’unica strada percorribile era quella di utilizzare la chiesa del cimitero per poter alloggiare le bare in attesa di cremazione. L’edificio di culto presente nel camposanto è di proprietà della curia vescovile. 
La soluzione individuata si rivelò preziosa sia per la città che per l’intera provincia. (…)
L’obiettivo comunque rimaneva quello di aumentare al massimo la potenzialità del forno crematorio: senza questa possibilità non si poteva sostenere la situazione. Per risolvere Rossana raccolse il risultato del lavoro fatto negli anni precedenti. La procedura, che aveva portato ad una concessione per la gestione del forno, era innovativa e lungimirante (…) 
Grazie alla sua intuizione venne introdotta per tutto il periodo della gestione la possibilità di un raddoppio della linea produttiva, l’ampliamento del funzionamento del forno fino garantire il servizio 24 ore su 24 e un sistema economico che aumentava il canone da versare al Comune in ragione dell’accrescimento della attività di incenerimento.     
Erano novità rilevanti rispetto alle consuete procedure contrattuali della pubblica amministrazione: introducevano una logica economica in un mondo che prevedeva un approccio solo amministrativo (…).
Quando però il numero dei morti crebbe ulteriormente, non bastò neanche il funzionamento a orario continuato e ininterrotto del forno. Anche la chiesa del cimitero era ormai piena all’inverosimile, con oltre cento salme in attesa di intervento. Non c’erano ulteriori luoghi di stoccaggio dei feretri e non si poteva farli aspettare troppi giorni. 
Per Rossana e per il Comune si prospettava un quadro molto complicato. 
Gli esperti di diritto dell’ente avevano individuato una soluzione: far emettere dal sindaco un’ordinanza che obbligasse al seppellimento in terra anche coloro che invece avevano chiesto la cremazione. Formalmente era una strada praticabile e in un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri – quelli che diventarono i famosi DPCM – era stata ulteriormente rafforzata questa possibilità per i sindaci. 
Era una possibilità giuridicamente ineccepibile ma dai risvolti amari.Chi in quei giorni perdeva i propri cari per il virus aveva già subito grandi difficoltà e disagi (…) 
In questo contesto intervenire d’autorità, contravvenendo la volontà del defunto di essere cremato, sarebbe stata una vera e propria violenza nei confronti del morto e dei loro cari.
L’accumulo di salme nei luoghi di attesa rimaneva un problema ineludibile. E non era superabile cercando altri spazi dove stipare i feretri in attesa. In caso di cremazione si utilizzano bare costruite diversamente da quelle destinate al seppellimento e, in quelle riservate all’incenerimento, la salma non può sostare in attesa oltre i nove giorni.
Per risolvere la questione l’unica altra strada percorribile rimasta era quella di trovare altri impianti di cremazione. Ce ne erano pochi in Italia e non c’erano convenzioni o accordi da far valere. Essendo collocati in province diverse, la Prefettura non poteva intervenire. Inoltre, negli altri luoghi, si era sparsa una nomea sinistra sulla città di Rossana e, in maniera del tutto irrazionale, si temeva che potesse contagiare altri territori solo entrando in contatto. Lei si chiedeva come fare. 
Cominciò a cercare altri forni per l’incenerimento esistenti. Molti li aveva in mente poiché li aveva contattati durante la fase di predisposizione della gara per costruirlo nella sua città. Lavorare per la pubblica amministrazione ha un grande vantaggio rispetto al privato: i Comuni non sono in concorrenza tra loro e quindi possono scambiarsi tutte le informazioni sulle procedure e soluzioni che hanno attuato. Purtroppo, nonostante questa possibilità, non ci sono molte esperienze consolidate di collaborazione tra enti, a causa della presenza di un diffuso campanilismo che è la faccia negativa della forte identità dei Comuni. Quello dove lavorava Rossana faceva però eccezione. In quell’amministrazione, e da diversi anni, si era dato spazio a tutti i possibili confronti e accordi di collaborazione con altre città. Eventi formativi insieme ad altri, convenzioni per gestire servizi insieme, visite reciproche per conoscere le soluzioni in essere, partecipazione comune a bandi di finanziamento nazionali ed europei, tutto quello che aumentava la conoscenza e le buone relazioni era pratica diffusa e vissuta in quel Comune. Il nuovo sindaco aveva inoltre portato la città ad una dimensione di conoscenza e di scambio con centri ancora più grandi e questo aveva allargato ancora di più la visione e le possibilità di cooperazione.
Rossana chiese aiuto ai colleghi funzionari e dirigenti degli altri settori fornendo loro l’elenco dei forni crematori attivi nelle altre città e chiese loro di attivare le loro reti di relazione per capire come contattarli in maniera informale e veloce. Non c’era tempo e non sarebbe mai stato efficace passare per vie formali mandando lettere per chiedere la disponibilità, senza avere prima acceso una relazione significativa con le persone del Comune da coinvolgere (…)
Con questa sinergia i forni crematori disponibili ad accogliere le salme, vennero individuati: il primo tassello indispensabile per evitare l’ordine generalizzato dell’inumazione a terra era stato posto. 
A questo punto, per raggiungere il risultato, rimanevano però altre questioni, non irrilevanti, da risolvere: la predisposizione della documentazione, il trasporto delle salme, il recupero delle ceneri, il pagamento del trasporto, il carico e le condizioni di lavoro degli operatori comunali e l’eccesso di impegno per le onoranze funebri.
A fronte dell’onere insostenibile degli operatori delle pompe funebri, grazie alle relazioni con un Comune della regione confinante, Rossana mise in contatto l’associazione delle società funerarie della città con la medesima associazione della regione vicina e venne stretto immediatamente un accordo con operatori specializzati che procedettero a collaborare con quelle del territorio colpito dall’eccessivo numero di decessi. Questi operatori furono ospitati negli alberghi della città e aumentarono la capacità operativa delle aziende locali. In questo caso le relazioni positive tra pubbliche amministrazioni aveva reso possibile l’attivazione di collaborazioni tra privati. Questo, ovviamente, non rientra tra le competenze formali del Comune, ma fu un frutto indiretto e preziosissimo di quel modo di operare (…)
Nonostante questo rinforzo, per le onoranze funebri era comunque impossibile immaginare di organizzare e gestire i trasporti, in andata e ritorno, delle salme e delle ceneri. In quei giorni riuscivano a malapena a sostenere l’impegno per l’attività locale. I forni disponibili ad accogliere le salme erano in altre città. Si trattava di sedi molto lontane, anche centinaia di chilometri ed il tempo necessario non c’era. Inoltre il costo di tale servizio arrivava a valere tra i 600 e gli 800 euro. Questi importi sarebbero stati posti a carico dei parenti delle vittime: un’altra ingiustizia e difficoltà che Rossana non voleva caricare a chi già era stato duramente colpito.
Per risolvere questo aspetto decise di parlarne con la collega della Polizia Locale. Laura, la comandante del corpo, era persona sensibile e attenta e già in passato si era dimostrata collaborativa. In quei giorni, con tutti i suoi agenti era stata costantemente presente per rispondere alle esigenze crescenti e, a volte, irrazionali. Nonostante ciò ascoltò con attenzione Rossana e le venne in mente un’idea: coinvolgere il colonnello dei carabinieri con cui, sia lei che l’intero Comune, erano in ottimi rapporti. La tessitura di buone relazioni infatti non era un criterio usato solo nei confronti degli altri enti locali, era proprio un modo di intendere tutti i contatti con le altre istituzioni pubbliche e infatti questo approccio era usato sempre con Carabinieri, Prefettura, Università, Agenzia delle Entrate, Inps etc. 
I buoni trascorsi e la situazione di emergenza fecero venire a galla il meglio di tutti, persone e istituzioni. Ognuno diede il massimo: il Comune, i Carabinieri, la Prefettura, l’Esercito, l’Azienda sanitaria agirono in stretta connessione (…)
La collaborazione portò alla disponibilità dei Carabinieri e dell’Esercito per organizzare il trasporto delle salme e delle ceneri e per non dover richiedere il pagamento ai parenti. Con la Prefettura si mise in campo una semplificazione radicale del passaggio dei documenti tra un Comune e l’altro: il trasporto di salme e la certificazione di avvenuta cremazione sono infatti procedure molto complesse e, fino ad allora, lunghe e farraginose. È curioso ricordare che la procedura di emergenza, messa in campo con un’interpretazione delle norme di settore molto innovativa, dopo poche settimane, divenne prassi riconosciuta e autorizzata formalmente con una circolare ministeriale che entrò in vigore per tutte le città d’Italia.  
Quando i primi feretri lasciarono la città con una colonna di camion militari, fu uno spettacolo terribile che nei giorni successivi fece il giro del mondo. Rossana, pur pienamente coinvolta in quel clima di sofferenza, sapeva di avere agito per il bene dei cittadini e per aiutarli ad attraversare quel momento tragico».