Il pluripremiato romanzo dello scrittore ticinese appena tradotto da Rotpunktverlag per i paesi germanofoni

Chissà cosa avrebbe pensato, lo schivo e silenzioso protagonista del romanzo di Fabio Andina “La pozza del Felice” edito da Rubbettino, a vedere il suo nome campeggiare sulla vetrina di un’importante libreria del centro di Zurigo?
Strano destino quello del Felice. Andina ci racconta che era un vecchio montanaro che parlava solo quando era necessario. Ora, da quando è uscito il libro di Andina, non smette più di parlare. Ha parlato per bocca dell’autore dalle TV, dai giornali, dai podi dei premi conquistati come il “Terra Nova” della Fondazione Schiller (il più prestigioso premio elvetico) o il Gambrinus.
Ha imparato a parlare in francese, grazie all’edizione che la casa editrice Zoé ha annunciato per il prossimo anno e in tedescocon “Tage mit Felice”, l’edizione in lingua tedesca del romanzo, pubblicata proprio in questi giorni con Rotpunktverlag.
Grande soddisfazione in casa Rubbettino per questa ennesima conferma del lavoro di scouting e di selezione che si sta compiendo sulla narrativa con risultati davvero lusinghieri.
Di Andina Rubbettino ha intanto annunciato il prossimo libro “Sei tu, Ticino?”, previsto per questo autunno. 

“La pozza del Felice” di Andina è un romanzo di montagna e di montanari, di vette e di silenzi, di solidarietà e solitudini.
Il Felice è un personaggio realmente esistito, conosciuto dall’autore che, di ritorno dall’America dove era stato per apprendere i mestieri della scrittura cinematografica, aveva deciso di rifugiarsi in una casa di montagna di proprietà della famiglia.
«Durante quei tre anni – racconta Andina – io e il Felice trascorrevamo molto tempo assieme: si cenava assieme, si camminava assieme, si andava al bar assieme, si chiacchierava poco. Il Felice non apriva la bocca tanto per dire qualcosa. 
Andavamo d’accordo perché eravamo molto simili: taciturni, grandi camminatori, amanti di una vita minimalista, fatta di poche cose, pochi oggetti, e amanti di riti e rituali vecchi che stanno andando scomparendo».
Anche la “pozza del Felice” esiste davvero. Ma cos’è questa pozza, e perché il Felice aveva l’abitudine di immergervisi? «Dalla morte del Felice – continua Andina – tutte le volte che salgo in baita vado a immergermi nella pozza. Dista 45 minuti a piedi dalla mia baita. Lo faccio per sentirmi vicino al Felice, perché lo stargli vicino per quei tre anni mi ha cambiato la vita: ora, sono sempre più alla ricerca dell’essenziale. Mi sto liberando di tutte quelle zavorre inutili che la vita ci attacca al piede».
Da questa vicenda che mette insieme il legame con i luoghi, con la terra, e con la propria anima, da questa storia che sa di elementi primordiali che riprendono prepotentemente vita all’interno della propria esistenza viene fuori un romanzo delicato, essenziale in cui ognuno può ritrovare un pezzo di sé che credeva irrimediabilmente perduto.

Fabio Andina (Lugano, 1972) si è laureato in cinema a San Francisco. Ha pubblicato la raccolta di poesie “Ballate dal buio” (2005) ed è stato inserito nell’antologia “Di soglia in soglia. Venti nuovi poeti della Svizzera italiana (2008). Nel 2016 ha pubblicato il romanzo “Uscirne fuori” e ha ricevuto una menzione al Premio Chiara Inediti per la raccolta di racconti “Il paese senza nome” che gli è valsa l’inserimento nell’antologia “Dieci racconti per Piero Chiara”

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