Esce in libreria “Diavolo e Misericordia. Quale tempo per vincere il male” un’acuta e sofferta riflessione di Giovanni Franzoni, il fondatore della Comunità di base San Paolo, sul senso ultimo della Misericordia di Dio

Se come ha affermato più volte Papa Francesco annunciando questo Giubileo straordinario fin dall’apertura in Africa, “Misericordia” è il nome di Dio, è giusto spingere fino in fondo la riflessione su cosa vogliano dire queste parole.
È quello che intende fare con questo volume, “Diavolo e Misericordia. Quale tempo per vincere il male” (Rubbettino), Giovanni Franzoni (al secolo Mario); “l’abate rosso” come qualcuno l’ha definito per via del suo scontro con le gerarchie ecclesiastiche all’indomani del Concilio Vaticano II che lo portò alla riduzione allo stato laicale e al conseguente abbandono della carica di Abate di San Paolo fuori le Mura.
Franzoni in quella misericordia di Dio che certamente non deve essergli apparsa incarnata in quella dei Suoi rappresentanti curiali, non ha mai smesso di crederci, tanto da chiedersi fino a che punto si possa continuare a considerarla compatibile con la credenza cattolica della dannazione eterna.
Come può un Dio eternamente misericordioso accettare che una sua creatura, fosse anche per sua deliberata scelta, possa subire un simile destino? Non sarebbe – si chiede Franzoni – più compatibile (anche biblicamente) con l’idea di un Dio giusto, credere che questo Dio possa avere davanti a se l’eternità per realizzare la sua giustizia? E se la morte individuale è, o sembra, essere un limite alla possibilità umana di optare per il bene e di riscattare una vita di crimini, questo limite è interno alle dinamiche della condizione umana ma non riguarda certo Dio che è pedagogo e redentore per l’eternità.
Dove tuttavia la riflessione di Franzoni raggiunge il vertice estremo è quando il teologo afferma che se il diavolo (sulla cui esistenza, come ben argomenta Franzoni, è più che lecito dubitare) c’è, allora, forse, questo discorso potrebbe estendersi anche a questa creatura angelica caduta che, da oppressore e ingannatore del genere umano, diventa allora un nostro compagno di viaggio sul cammino dell’incontro con Dio come suggerisce la bellissima poesia del mistico sufi Gialal ad Din Rumi che il libro riporta in esergo:

“Io fui un angelo, prima, e con tutta l’anima mia percorsi

il sentiero dell’adorazione. Ero confidente dei santi più
pii, intimo compagno ero degli angeli che abitano presso
il trono eccelso di Dio. Oh come si può cancellare dal
cuore la nostra missione prima? Come dal cuore potrà
mai uscire il primo amore?Anche se tu viaggiassi da Rum
al Khotan, come ti si strapperà dall’anima l’amore per la
tua prima patria?
Anch’io un tempo fui ebbro di questo vino, anch’io fui fra
gli amanti della corte di Dio! Dalla nascita fui intagliato
nell’amore di Lui, l’amore di Lui seminarono dal principio
nell’anima mia! Anch’io ebbi giorni felici dalla sorte,
anch’io ho bevuto le acque refrigeranti della sua dolcezza
in primavera! Non fu la mano della sua grazia che mi
seminò un tempo? Non fu Lui che mi trasse dal nulla?
Oh, quante carezze già ebbi da Lui, quanto tempo mi
aggirai nel giardino di rose della sua approvazione! Mi
poneva sulla fronte la sua mano pietosa, s’aprirono davanti
a me le porte del favore divino! Chi, quand’ero bambino,
andava in cerca di latte per me?Chi dondolava la mia culla
allora? Lui!…non ho bevuto mai altro latte che il latte di
Lui, nessun altro mi allevò che la sua provvidenza!… e
se il mare della generosità mi ha ora rimproverato, come
possono rimaner chiuse in eterno quelle porte di grazia?
Egli ha creato il mondo per un atto di amore, i minimi
atomi di polvere li accarezza il suo sole…”

Il libro
L’indizione di un Giubileo sul tema della misericordia induce a riprendere il grande tema del soffio divino sulle acque del creato di cui nel primo versetto della Genesi. Lo spirito scende sulle acque turbolente della terra ora con forza, ora come una carezza e giunge fino agli estremi della decadenza del creato chiamati tohu e bohu, cioè tenebre e desolazione; fra le pieghe del male estremo, in cui sono le acque stagnanti del creato, si nasconde però ancora un fremito di vita sul quale soffia lo spirito divino per un tempo che noi consideriamo con l’incerto vocabolo di eterno fino a ricondurre tutto verso l’armonia della misericordia creatrice.
Il volume raccoglie per la prima volta insieme i due testi, già apparsi in passato per Rubbettino, “Il Diavolo mio fratello” (pubblicato nel 1986) e “Del rigore e della misericordia” (2005) con una nuova introduzione dell’autore.

Giovanni Franzoni è nato a Varna (Bulgaria) nel 1928. Nel 1950 entrò nell’ordine benedettino presso il monastero di S. Paolo a Roma. Qui, nel 1964, fu eletto abate. In tale veste partecipò alle ultime due sessioni del Concilio Vaticano II.
Venuto in conflitto con le autorità vaticane per la sua predicazione, che voleva essere fedele sia all’evangelo che ai problemi sociali e politici, fu emarginato ed escluso dal ministero.
Si è sposato nel 1990 con Yukiko Ueno.
Continua la sua esperienza di fede nella Comunità di base S. Paolo.
Di Franzoni Rubbettino ha di recente pubblicato l’autobiografia (“Autobiografia di un cattolico marginale”)

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