Florindo Rubbettino: «Il nostro compito è quello di far volare in alto le idee che nascono in questa regione»

Sono stati 2750 i partecipanti a quello che si è oramai affermato come uno tra i premi più ambiti del panorama editoriale italiano. Tra i libri premiati ben due editi da Rubbettino: “Via dall’Aspromonte” di Pietro Criaco, che si è aggiudicato la sezione “Narrativa edita” e “I cannibali di Mao” del giornalista e reporter di guerra Marco Lupis che è stato insignito del premio speciale della giuria per il giornalismo di viaggio.

È un periodo fortunato questo per la casa editrice di Soveria Mannelli le cui pubblicazioni stanno mietendo svariati successi nelle varie competizioni letterarie che si svolgono lungo lo Stivale. Motivo di grande orgoglio questo per l’editore Florindo Rubbettino che ricorda come, peraltro, sia Marco Lupis che Pietro Criaco siano calabresi: «Un Editore ha il compito di far volare alto idee e riflessioni. Nel nostro caso specifico sentiamo forte il dovere morale di fornire una piattaforma, un megafono a una regione che per ragioni storiche e soprattutto geografiche sconta una certa marginalità. Il fatto che due libri di due autori calabresi, editi da un editore calabrese, si affermino in un contesto internazionale come il Premio Città di Como, è un segno rassicurante del fatto che stiamo percorrendo la strada giusta».

Il romanzo di Pietro Criaco, «Via dall’Aspromonte» dal quale è stato tratto il recente film di Mimmo Calopresti «Aspromonte la terra degli ultimi» (nelle sale dal prossimo 21 novembre), racconta la storia di Andrea, un bambino di Africo, un paese isolato sull’Aspromonte, dove negli anni ’60 non c’è ancora la luce elettrica né un medico per curare la gente. Alcuni paesani, guidati dal padre di Andrea, decidono allora di costruire una strada di collegamento con i paesi costieri poiché essa rappresenta il sogno, l’idea, la sopravvivenza, il tramite per conoscere altra gente e altre culture. Naturalmente ci sono quelli che per motivi diversi si oppongono a questo progetto: il sindaco della Marina perché ha troppi interessi politici e il malavitoso Don Totò che intende mantenere il suo potere sul territorio. Mentre si snodano le vicende legate alla costruzione della strada, Andrea vive i momenti ideali dell’infanzia e dei primi rossori, e comprende, man mano che la storia si sviluppa, che anche quando le speranze sembrano svanire ci può salvare soltanto l’utopia.

Molto legato all’attualità di questi giorni è invece il libro di Marco Lupis «I cannibali di Mao». Nel libro, l’autore, ci spiega l’origine del nuovo potere globale cinese, quali siano le sue radici e dove ci sta portando. Lo fa cominciando da quell’alba umida e rovente del 1995 quando – giovane reporter poco più che trentenne – atterrava per la prima volta nella sua vita nel vecchio aeroporto Kai Tak di Hong Kong, lembo di terra in Cina, allora ancora saldamente colonia di Sua Maestà la Regina d’Inghilterra, e aveva inizio così quella che lui stesso ha definito: “Una vera storia d’amore, vissuta non con un’altra persona, ma con un continente, l’Asia, e con un popolo in particolare: i cinesi”. E in Cina, basato a Hong Kong, ci rimarrà – salvo brevi pause – fino a oggi, raccontandone ai lettori – da corrispondente delle maggiori testate italiane e della RAI – l’attualità più stringente, gli avvenimenti più imprevisti e curiosi, e quella diversità che la rende unica. Ricco di notizie e di avventure, di emozioni, testimonianze e anche ironia, questo libro è un ininterrotto reportage lungo venticinque anni e un irripetibile diario di viaggio, ma soprattutto è l’appassionante romanzo della storia umana di un giornalista, di un uomo, che ha attraversato le trasformazioni e gli sconvolgimenti degli ultimi decenni in Cina, e per questo è in grado, più di molti altri, di aiutarci a comprendere l’attualità e i pericoli rappresentati dalla Cina di oggi.